LA STORIA DI NAPOLEONE BONAPARTE (1769 -1821)

 

 

Parte I – La carriera militare e la Rivoluzione Francese

 

 1. Infanzia di Napoleone.

I Buonaparte (questo il nome originario della famiglia, poi francesizzato in Bonaparte) vantavano nobili origini toscane, anche se si erano trasferiti in Corsica, allora genovese, già nel 1567. Ajaccio, capitale della Corsica, dov’era nato nel 1769, era stata infatti ceduta dalla Repubblica di Genova alla Francia da appena un anno. I genitori di Napoleone erano di origini toscane e in casa loro si parlava italiano.

Il 23 aprile 1779, grazie al titolo nobiliare acquisito dal padre Carlo, all'età di nove anni, il giovane Napoleone fu ammesso alla Scuola reale di Brienne-le-Château, nel nord della Francia, dove rimase fino al 17 ottobre 1784. Per migliorare il suo francese e prepararsi alla scuola, prima frequentò per quattro mesi il collegio di Autun, i suoi studi furono finanziati grazie a una borsa di studio di duemila franchi.

Napoleone inizialmente non si considerava francese e si sentiva a disagio in un ambiente dove i suoi compagni di corso erano in massima parte provenienti dalle file dell'alta aristocrazia di Francia e lo prendevano crudelmente in giro (l'accusa di essere straniero l'avrebbe perseguitato per tutta la vita).

 

  1. La carriera militare

 il 22 settembre 1784 venne ammesso alla Regia Scuola Militare di Parigi, fondata da Luigi XV.  Nel 1785 passò in artiglieria, desideroso di abbandonare gli studi al più presto per dedicarsi alla carriera militare, che molto rapida. Infatti, a soli 16 anni, ottenne la nomina a sottotenente e fu distaccato, il 1º settembre 1785, presso un reggimento d'artiglieria di stanza a La Fère, come sottotenente, per assumere la luogotenenza, pochi mesi dopo, presso un reggimento di stanza a Valence, nel sud-est della Francia.

 

Napoleone Condivise gli ideali di libertà e di eguaglianza della Rivoluzione francese. Al suo scoppio – avvenuto nel 1789, egli ventenne e ormai ufficiale del re Luigi XVI, riuscì a ottenere una lunga licenza grazie alla quale poté ritornare al sicuro in Corsica. Una volta stabilitosi qui si unì al movimento rivoluzionario dell'isola assumendo il grado di tenente colonnello della Guardia Nazionale.  Nel frattempo in Corsica infuriava la guerra civile scoppiata nel 1793. Già dal 1792 gli eccessi rivoluzionari di settembre, che anticiparono l'instaurazione del "Terrore"[1] - con l’espulsione dei Girondini[2] dalla Convenzione Nazionale[3] - dell'estate successiva, avevano spinto l'eroe nazionale dell'indipendenza corsaPasquale Paoli (che era rientrato trionfalmente nel suo Paese nel 1790, dopo il lungo esilio impostogli dai Re di Francia) , a riprendere la lotta per l'indipendenza della Corsica. Accusato di tradimento e inseguito da un mandato di arresto emesso dalla Convenzione nazionale il 2 aprile 1793, Paoli ruppe gli indugi il 17 aprile, appellandosi direttamente a tutta la popolazione còrsa affinché difendesse la propria patria e i propri diritti. La famiglia Buonaparte, che pure aveva sostenuto Paoli al tempo della rivolta contro Genova e poi contro le Armate di Luigi XV (il padre Carlo e forse anche la madre parteciparono accanto a Paoli alla battaglia di Ponte Nuovo contro i francesi), scelse però la causa francese.

 

  1. Napoleone e la Rivoluzione Francese

Prima di continuare il racconto della vita di Napoleone, apriamo una parentesi sulla Rivoluzione francese, di cui fu un importante protagonista.

La Rivoluzione francese ha rappresentato un vero e proprio spartiacque nel corso della storia umana. Dopo i clamorosi sconvolgimenti del 1789 e l'abbattimento della secolare monarchia francese infatti cominciò la sostituzione del sistema politico dell'Antico Regime (Ancien Régime) con un nuovo ordine sociale che nei decenni successivi ispirerà le basi per passare dall'età moderna (dall'XV all'XVIII secolo) all'età contemporanea.

Fra il 1786 e il 1789 l’economia francese peggiora e a Parigi il popolo si ribella assalendo la Bastiglia e liberando i prigionieri politici (14 luglio 1789) La ribellione si diffuse e il 26 agosto 1789 l’Assemblea Nazionale approvò la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e nacque la monarchia Costituzionale ed ebbe inizio la Rivoluzione che cambierà per sempre le basi dell’ordine politico mondiale.

1,1. I tre “Stati”.

La società francese, come quella di quasi tutti gli altri stati europei, era profondamente divisa per classi o "stati", come si usava dire all'epoca. Sopra di tutti c'era il re, il monarca assoluto che deteneva un potere decisionale quasi assoluto. C'erano poi gli appartenenti alla nobiltà e al clero, i quali, pur essendo numericamente molti inferiori rispetto al resto della popolazione, gestivano l'amministrazione statale del regno, ricoprivano le cariche istituzionali più influenti e godevano di ampi privilegi fiscali e legislativi. Infine vi era quello che è passato alla storia come il Terzo Stato. Al Terzo Stato appartenevano tutti coloro che non rientravano nelle altre due categorie, quindi non solo contadini e artigiani, ma la media e alta borghesia, composta da dottori, avvocati e intellettuali.

Il Terzo Stato (o classe) era fortemente influenzata dai principi dell'Illuminismo, che proclamava la superiorità della ragione sulla fede cieca e sull'oscurantismo delle vecchie tradizioni. Gli illuministi – soprattutto intellettuali e avvocati – da tempo chiedevano che le   idee di uguaglianzatolleranza e libertà trovassero una seria applicazione anche nella realtà politica.

1.2 La scintilla che fece scoppiare la rivoluzione.

Alla fine del XVIII secolo, la Francia stava vivendo una forte crisi sociale e finanziaria.

Le casse del regno erano vuote a causa delle ingenti spese sostenute per la partecipazione alla guerra d'indipendenza americana, dell'inefficienza del corrotto sistema di riscossione delle tasse e dei pesanti costi di mantenimento della Corte reale. Inoltre nel 1788-1789 si era verificata una grave carestia che aveva distrutto i raccolti.

Per rimediare a questa drammatica situazione, re Luigi XVI, nipote del "Re Sole", decise di convocare gli Stati Generali (ossia i rappresentati dei tre stati che componevano la società francese) per varare una nuova riforma finanziaria che avrebbe "tagliato" qualche privilegio a nobiltà e clero. Si trattava di un evento storico, poiché gli Stati Generali non venivano riuniti in assemblea dal 1615.

Aristocratici ed ecclesiastici però fecero passare la riforma come un nuovo tentativo per inasprire ulteriormente l'assolutismo, nella speranza che il Terzo Stato si sarebbe opposto ad un'ulteriore crescita del potere monarchico. Essi ignoravano che si stava dando un'occasione a popolo e borghesi di alzare la voce.

E l'occasione non venne sprecata.

 

1.3 La convocazione degli “Stati Generali” (5 maggio 1789)

 

Sebbene il Terzo Stato rappresentasse più o meno il 98% della popolazione francese, la votazione "per ordine" e non "per testa" ne limitava il potere decisionale. Ogni stato infatti poteva esprimere un solo voto e dunque nobiltà e clero potevano facilmente battere due a uno il Terzo Stato in ogni disputa.

Per dare un contentino si rese l'assemblea un po' più partecipativa parificando il numero di deputati del Terzo Stato a quelle degli altri due ordini, ma il problema di diseguaglianza al momento del voto restava. In questo clima d'insoddisfazione generale, il 5 maggio del 1789 si aprì a Versailles (residenza del re e sede della corte reale) l'assemblea degli Stati Generali. Gli schieramenti presenti avevano obiettivi diametralmente opposti: nobili e Chiesa volevano rafforzare i loro privilegi a discapito della Corona, mentre il Terzo Stato si sentiva forte abbastanza da ottenere maggiore uguaglianza e abolire i favori concessi agli stati due stati. L'unica punto in comune era la messa in discussione dell'autorità del re!

Nelle prime settimane di giugno la discussione degenerò tra liti e appelli inascoltati.

1.4 Verso la Rivoluzione: Assemblea Nazionale e Giuramento della Pallacorda (20 giugno 1789)

Il 17 giugno 1789, per superar lo stallo, il Terzo Stato decise di riunirsi autonomamente, formando una nuova Assemblea Nazionale: non si voleva più rappresentare un ceto o una classe sociale, ma una nazione.

Re Luigi XVI, spaventato e incapace di gestire la novità politica, finì per prendere le parti dei nobili e il 20 giugno chiuse l'aula per impedire la riunione dell'Assemblea. Il Terzo Stato allora si riunì nella sala della pallacorda - uno sport antenato del Tennis - e giurò di non sciogliersi mai fino all'ottenimento di una nuova Costituzione più giusta ed egualitaria. Tale atto viene ricordato come il Giuramento della Pallacorda. Il 27 giugno, Luigi XVI fu costretto a riconoscere l’Assemblea Nazionale Costituente formata da tutti e tre gli ordini sociali.

 

 

 

1.5. L’assalto alla Bastiglia (14 luglio 1789). Inizia la Rivoluzione Francese.

 

Dopo qualche giorno di comportamenti concilianti però, Luigi XVI tornò ad opporsi al cambiamento e licenziò il suo ministro Jacques Necker, che fino ad allora lo aveva indirizzato verso posizioni moderate.

Questo gesto eclatante, unito al fatto che a Parigi stavano convergendo molte truppe armate fino ai denti, preoccupò la popolazione, che temeva un colpo di mano che avrebbe cancellato tutti i progressi ottenuti fino ad allora.

La tensione e la fame (il prezzo del pane era ormai alle stelle) portarono i ceti borghesi e popolo a riunirsi il 12 e il 13 luglio per protestare con forza lungo le mura parigine dove si pagavano i dazi per entrare in città. Saccheggi e primi episodi di violenza cominciarono ad incendiare l'aria e si formò una sorta di milizia popolare composta dai sanculotti (sans-culottes) chiamati così perché vestivano pantaloni lunghi senza le culottes, i calzoni sotto al ginocchio tipici della nobiltà.

Il 14 luglio 1789 rivoltosi in armi assaltarono la Bastiglia, una fortezza adibita a carcere che conteneva numerose armi e munizioni. La lotta fu feroce e alla fine i ribelli prevalsero.

Era iniziata la Rivoluzione Francese.

 

Presa della Bastiglia – 14 luglio 1789

 

 

 

 

1.6. Inizio di una nuova era.

 

Mentre nelle campagne la notizia dell'insurrezione sfociò in sanguinose ribellioni contro ecclesiastici e uffici delle imposte, a Parigi la borghesia riuscì a prendere il controllo e a riportare una relativa calma. Il marchese La Fayette (eroe della Rivoluzione americana1775 - 1783) era stato nominato capo della milizia borghese armata e persino il re, dopo aver dovuto accettare i nuovi sviluppi, poté recarsi di persona nella capitale. 

Nel frattempo però il dibattito politico continuava: nella notte del 4 agosto 1789 venne approvato il decreto che aboliva il feudalesimo e l'Antico regime, mentre il 26 agosto successivo l'assemblea adottò definitivamente la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino dove si elencavano i diritti naturali e inviolabili di ogni individuo (libertà di parola e di pensiero, uguaglianza di fronte alla legge) e la separazione dei poteri dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario).

 

Nei mesi successivi alla rivolta le manifestazioni proseguirono, ma il lavoro riformista svolto dall'assemblea costituente sembrava poter mantenere l'equilibrio: la Francia era ormai diventata una monarchia costituzionale dove il re era affiancato da un governo di rappresentati degli stati.

Tuttavia le idee politiche delle varie fazioni erano differenti su molte questioni.

1.7 Tentativi di ripristinare l’Antico Regime. La “fuga di Varennes”

Ad appesantire il clima contribuì il fatto che gli altri sovrani europei si stavano organizzando per ripristinare in Francia l'Antico Regime. Il tentativo (fallito) di Luigi XVI di fuggire all'estero (la famosa fuga di Varennes del 20-21 giugno 1791) non fece che alimentare discredito sulla corona e il disprezzo per la monarchia.

L'assemblea costituente però non agì contro il re e ciò provocò una spaccatura tra i cosiddetti i club politici dei giacobini: molti aderirono ai foglianti, più moderati, mentre altri, come Maximilian de Robespierre, assunsero le posizioni di chi voleva costituire la Repubblica, togliere di mezzo il re ed espandere la rivoluzione in tutta Europa.

 

Nel settembre 1791 si tennero le elezioni e il parlamento di 745 deputati si riunì per la prima volta il 10 ottobre 1791. Di esso facevano parte i già citati giacobini, i foglianti (moderati e favorevoli alla monarchia costituzionale), e i cordiglieri (rivoluzionari, come Georges Jacques Danton)

 

1.8 Il 1792. Guerra e nuova rivoluzione

Il governo dei foglianti durò pochi mesi e venne sostituito dai girondini, moderati ma favorevoli alla guerra contro l'Austria, ormai troppo pericolosa per la nuova Francia. Il 20 aprile 1792 dunque scoppiò il conflitto contro austriaci e prussiani, loro alleati.

I primi scontri però si risolsero in cocenti sconfitte e Robespierre, Danton e il giornalista Marat accusarono i capi dell'esercito di cospirare con gli invasori germanici.

L'aria tesa fece scoppiare una nuova insurrezione a Parigi (10 agosto 1792). L'assemblea dovette imprigionare il re e indire nuove elezioni, mentre i sanculotti sciamavano nelle prigioni alla ricerca di traditori da massacrare. Più di mille persone accusate di tradimento vennero uccise in modo sbrigativo.

Il 20 settembre 1792 poi avvenne la svolta: le truppe francesi, ingrossate dall'arrivo di numerosi volontari, riuscirono a fermare l'avanzata austro-prussiana e, nello stesso giorno, insidiò la Convenzione, la nuova assemblea costituente.

L'indomani - 21 settembre 1792 - venne proclamata la repubblica.

 

1.9 La Convenzione e la morte del re.

 

Nella nuova assemblea, con i foglianti messi fuori gioco, gli schieramenti principali erano girondini, giacobini (detti anche montagnardi, perché occupavano i seggi più alti dell'aula parlamentare) e una maggioranza di deputati "indecisi" che verrà chiamata la "palude".

Tutti sostenevano il governo rivoluzionario ma una prima grande frattura avvenne quando i giacobini chiesero la condanna a morte del re.

I girondini non erano d'accordo, ma alla fine Robespierre e i suoi convinsero la "palude" e il 21 gennaio 1793 Luigi XVI veniva ghigliottinato insieme alla moglie Maria Antonietta.

 

1.10 Il “Terrore”

 

Intanto la guerra continuava e dopo una serie di vittorie, i nemici della Francia tornarono a farsi sotto. A peggiorare le cose ci fu poi l'acuirsi di una crisi economica che le politiche girondine non erano riuscite ad arginare. I tempi erano maturi per un nuovo colpo di mano e infatti il 2 giugno 1793 i giacobini rovesciarono il governo.

Fu l'inizio di una dittatura rivoluzionaria comandata da Robespierre, ormai leader del movimento, Danton e altri membri del Comitato di Salute Pubblica, un organo del governo che lavorava per scovare i nemici della rivoluzione.

Ovviamente in poco tempo il Comitato divenne uno strumento di potere per fare fuori i nemici di Robespierre (che alla fine tolse di mezzo anche Danton), instaurando il periodo del "Terrore giacobino" dove in pochi mesi vennero eseguite migliaia di condanne a morte. Chiunque era sospettabile di tradimento e ogni rivolta (come quella della Vandea) venne repressa nel sangue.

La Francia giacobina doveva essere un Paese intransigente con i nemici e saldo nel perseguire i suoi propositi. Venne perfino cambiato il calendario, con nuovi mesi privi di alcun riferimento al Cristianesimo.

 

1.11 La fine di Robespierre. "Congiura del 9 termidoro"

 

Con la monarchia ormai abolita, piano piano però vennero meno anche le ragioni del governo giacobino.

L'austerità economica imposta in ogni settore (salari bloccati, requisizioni ai danni dei contadini etc.) abbatterono il consenso popolare nei confronti di Robespierre e il 27 luglio 1793 (o "9 termidoro" per il nuovo calendario), un colpo di stato portò all'arresto del leader giacobino, che venne anch'esso ghigliottinato.

 

Quella che verrà ricordata come "congiura del 9 termidoro" riportò in mani più moderate la guida di una Francia ormai profondamente cambiata, fondata su principi egualitari, liberata dal re e dai privilegi di nascita ed epurata da sanculotti ed estremisti giacobini.

Da lì a poco poi nascerà il Direttorio, un consiglio dotato del potere esecutivo, e queste istituzioni rivoluzionarie apriranno la strada ad un rampante ufficiale: Napoleone Bonaparte.

 

 

FINE DELLA PARTE PRIMA

 

 

 

 

 

 

 

[1] Terrore Il periodo della Rivoluzione francese che va dall’espulsione dei Girondini dalla Convenzione (2 giugno 1793) alla caduta del capo del partito giacobino de Robespierre (9 termidoro, 27 luglio 1794). Il potere fu accentrato nelle mani di Robespierre e dei suoi più immediati collaboratori, come Saint-Just, e fu esercitato mediante il ricorso alla violenza sistematica contro i nemici. il regime fu retto dal Comitato di salute pubblica, che dirigeva la diplomazia, la guerra e la vita economica, e dal Comitato di sicurezza generale, che applicava le nuove leggi sui sospetti e regolava l’attività dei tribunali straordinari. Fu caratterizzato dall’abolizione dell’istruttoria e degli avvocati difensori, dalla rapidità del giudizio e la pubblicità del voto dei giurati. Elevatissimo il numero delle condanne a morte.

[2] Girondini. nacquero a Parigi tra la fine del 1790 e l’inizio del 1791 come club rivoluzionario. Assertori delle libertà civili e individuali nonché strenui difensori della proprietà privata borghese, i girondini furono sostanzialmente dei rivoluzionari moderati, convinti che attraverso la diffusione delle idee dell’illuminismo la società francese e in genere tutta l’umanità avrebbero potuto rinnovarsi profondamente. Disposti al compromesso, nel corso della Rivoluzione essi assunsero atteggiamenti ambigui verso la monarchia e questo che determinò la loro fine la loro rovina. 

[3] Convenzione. Assemblea costituzionale e legislativa incaricata di trasformare la Francia in una Repubblica durante la Rivoluzione. Si riunì in prima seduta il 20 settembre 1792; il giorno seguente proclamò la fine della monarchia e la nascita della Repubblica. Tra gli atti più importanti della C., nel 1793, vi furono: il processo e la condanna a morte di Luigi XVI; la dichiarazione di guerra all’Inghilterra e all’Olanda; l’istituzione del tribunale rivoluzionario.